Il viaggio è da sempre un modo avvincente di esplorare il mondo, le sue bellezze e i suoi paesaggi. Non solo: viaggiare ci permette di conoscere nuove persone, culture diverse e paesi sconosciuti. Chi non vorrebbe viaggiare in giro per il mondo alla scoperta di terre lontane, affascinanti e meravigliose? Le uniche cose di cui hai bisogno sono una valigia, una crema solare, forse un cappellino di lana e una macchina fotografica. Ma c’è un’altra cosa che dovresti portare con te (ed è importante): l’inglese; infatti con lo studio e un po’ d’impegno i risultati arriveranno e vivrai i tuoi viaggi con una marcia in più!
Adesso prenditi un po’ di tempo per leggere l’intervista a Eleonora, travel blogger e nomade digitale, contributor di Nomadi Digitali.[su_highlight background=”#d5dbfe”]Perché l’inglese è importante… soprattutto per chi viaggia![/su_highlight]
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Ciao Eleonora! Iniziamo con una piccola presentazione; raccontaci qualcosa di te: da dove vieni, quanti anni hai e di cosa ti occupi al momento?
Ciao! Mi chiamo Eleonora, ho 36 anni e sono originaria di Tione, un paesino in provincia di Trento anche se alla domanda “da dove vieni” potrei rispondere in molti modi… in questo momento, infatti, mi trovo a Fuerteventura. Per vivere scrivo contenuti web e sono traduttrice libera professionista dallo scorso anno.
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Parlaci di Nomadi Digitali.
Nomadi Digitali è un sito che ho conosciuto per caso al rientro dal mio primo viaggio in India in solitaria nel 2011-2012. In quell’anno decisi di prendermi una pausa, lasciai Barcellona, la città in cui lavoravo e vivevo, e partii alla volta dell’India per un viaggio di 3 mesi! Al ritorno mi ripromisi di pensare seriamente a come fare per trovare un lavoro che mi rendesse “location independent” e cioè che avesse[su_highlight background=”#d5dbfe”]la flessibilità necessaria per permettermi di viaggiare lavorando, svolgendo le mie mansioni da qualsiasi luogo avesse una connessione Internet.[/su_highlight]Entusiasta dal vedere che non solo quello che cercavo era già una realtà ma anche che parecchie persone erano riuscite a inventarsi una professione che permetteva loro di lavorare ovunque, scrissi un messaggio per saperne di più. Subito mi rispose Alberto Mattei, il fondatore di Nomadi Digitali; di lì a poco ho iniziato a collaborare attivamente al sito come contributor, descrivendo la mia esperienza di vita e in veste di Nomade Digitale.
Il sito, infatti, nasce con l’obiettivo di diffondere questa filosofia di vita e di lavoro anche in Italia e si rivolge a chi è interessato a scoprire le modalità del vivere e lavorare da qualsiasi luogo, sfruttando le tecnologie digitali. Non si tratta necessariamente di backpacker che girano il mondo zaino in spalla,[su_highlight background=”#d5dbfe”]si può essere Nomadi Digitali in tanti modi: da libero professionista, lavorando in remoto per un’azienda, creando un proprio business o una startup, avendo una base e spostandosi solo quando lo si desidera.[/su_highlight]
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In particolare cosa offre ai suoi visitatori?
Nomadi Digitali è un progetto collaborativo in cui persone che stanno già sperimentando questo stile di vita hanno la possibilità di condividere le loro esperienze con il resto della community attraverso dei guest post. Oltre a questo il sito offre una serie di risorse gratuite utili a chi desidera intraprendere questo percorso: offerte di viaggio, alloggio ma anche consigli utili per organizzare la propria vita e il proprio lavoro spostandosi (cose a cui, di solito, non si pensa subito ma che sono fondamentali). Per esempio si trovano risorse per gestire il lavoro online, fare videoconferenze, trovare connessioni ovunque nel mondo etc.
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Qual è l’esperienza di viaggio più bella che tu abbia mai fatto?
Sicuramente la più significativa risale al novembre 2011, mese in cui sono partita per un viaggio in India da sola, durato fino al febbraio 2012. Sono partita dalla città di Amritsar al Nord, passando per il Rajasthan, decidendo poi di volare verso il sud alla scoperta del Kerala e del Tamil Nadu. Durante il mio ultimo mese di viaggio sono invece stata a Varanasi, la famosa città sul Gange: qui ho preso lezioni di danza Kathak, una danza classica indiana, dal maestro Mata Prasad Mishra che è danzatore e musicista.
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E quella che, invece, non rifaresti?
Credo che tutte le esperienze, belle o brutte, ci insegnino qualcosa oppure ci portino su una strada che non conoscevamo ma che si rivela ottimale per noi. Nel 2014, durante il mio secondo viaggio in India da sola, ho subito un infortunio che mi ha costretta ad un lungo periodo di riabilitazione; certo, non vorrei ripetere l’esperienza! Ma devo ammettere che questa pausa forzata mi ha portata a cercare altre opportunità di lavoro in Europa, a Dublino; opportunità che mi hanno permesso di fare quello che sto facendo adesso. Insomma, il periodo dell’infortunio è stato molto difficile ma forse,[su_highlight background=”#d5dbfe”]se non fosse successo, non sarei dove sono ora![/su_highlight]
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In che modo la conoscenza dell’inglese ha influito sulla tua vita personale e professionale?
Ho iniziato a studiare inglese alle scuole medie e da lì, poi, ho studiato tedesco, francese, all’università spagnolo; ho studiato anche il cinese e la lingua dei segni; a Barcellona ho imparato il catalano. Ho sempre saputo che avrei lavorato con le lingue straniere e chi mi conosce dice anche che sono particolarmente portata. Nel 1998 sono riuscita ad entrare alla Scuola Superiore di Lingue Moderne per Interpreti e Traduttori di Trieste. Dopo la Spagna ho lavorato per un periodo anche in Irlanda, dove ho lavorato esclusivamente con l’inglese come creatrice di contenuti web, post di blog e dove ho gestito i social network e l’email marketing per un’azienda locale, con la quale collaboro ancora adesso. Quindi sì, l’inglese per me è fondamentale!
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Perché l’inglese è così importante per un travel blogger?
Direi che l’inglese è fondamentale per chiunque ma se si ha intenzione di viaggiare, vedere il mondo e crearsi una professione mobile, la sua conoscenza apre molte porte. E non solo nei confronti di paesi anglofoni ma anche verso clienti e aziende che parlano inglese o lo usano come lingua veicolare. Autopromuoversi, poi, è fondamentale per chi lavora online, travel blogger o no, e spesso diventa fondamentale saperlo fare in inglese.
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Come hai migliorato il tuo livello di conoscenza dell’inglese?
Il mio primo viaggio all’estero in assoluto è stata una vacanza studio negli Stati Uniti nel lontano 1993! Credo che la permanenza all’estero, accompagnata da una buona base, possa dare parecchi benefici. Nell’università che frequentavo, poi, era quasi una prassi iscriversi a programmi europei come Erasmus e CIUTI; io stessa ho partecipato al programma Leonardo da Vinci. Ho fatto tanti esercizi di traduzione e ho cercato un “tandem”, cioè qualcuno con cui parlare la lingua che volevo migliorare; questo oltre alle cose più banali come leggere o vedere programmi in lingua straniera, frequentare un corso, etc.
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Destinazioni: la tua top 3 per chi desidera lavorare o studiare all’estero.
La mia numero 1 è Barcellona: una città cosmopolita dove puoi parlare molto facilmente inglese, spagnolo e catalano e dove c’è sempre qualcosa da fare… anzi, il problema è scegliere cosa! Numero 2: se pensiamo all’inglese, invece, preferisco Londra a Dublino poiché adoro i posti grandi che brulicano di persone, anche se il rovescio della medaglia è il costo della vita elevato o lo stile di vita stressante. Numero 3: credo che apprezzerei una città sufficientemente grande e con molte proposte… forse Berlino!
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Destinazioni: la tua top 3 per chi desidera spostarsi all’estero per piacere.
Direi che la Spagna rimane una delle mie mete preferite: bel tempo, cibo magnifico e tanto da vedere! Di recente ho visitato 5 delle 7 Isole Canarie e tra quelle viste metto al primo posto Lanzarote. Ma nei miei sogni rientrano anche la Grecia, le Baleari, l’Argentina, il Centro-Sudamerica (Messico, Ecuador e Perù in particolare), il Sud-Est Asiatico (Thailandia, Laos, Cambogia, Vietnam, Indonesia, Malesia), il Marocco, la Turchia, l’Oman, l’Iran… mentre non mi attirano i paesi nordici, né l’Australia. E poi, diciamocela tutta, anche in Italia non siamo messi affatto male e mi sembra di conoscerla ancora troppo poco… vedrò di rimediare al più presto!
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La valigia del travel blogger: i 5 must!
Sicuramente il primo consiglio che mi sento di dare è di viaggiare leggeri: portare poche cose, stare comodi e guardare il lato pratico. Se si scrive o si lavora viaggiando, oltre all’attrezzatura necessaria, cioè un pc che si possa collegare a Internet, direi che servono un bel paio di cuffie per poter lavorare da qualsiasi posto isolandosi dall’ambiente circostante. Poi sicuramente non deve mancare un quaderno su cui scrivere: quando viaggio mi sento particolarmente creativa e spesso scrivo come mi sento o appunto le idee che mi vengono in mente. Direi di portare con sé anche un po’ di apertura mentale verso il luogo, verso il prossimo e verso noi stessi.[su_highlight background=”#d5dbfe”]Spesso viaggiamo con dei programmi scanditi e precisi ma a volte veniamo colti da imprevisti che si rivelano ottime alternative; oppure capita spesso che, per tenere fede a un programma, non seguiamo il nostro cuore e la nostra pancia… e invece dovremmo![/su_highlight]Infine, sempre memore della mia esperienza in India e, soprattutto se si viaggia fuori dall’Unione Europea, per prevenire i rischi è bene farsi un’assicurazione di viaggio che comprenda soprattutto le spese sanitarie!
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Dove pensi che, in questo periodo storico, rispetto all’Italia, ci siano più possibilità lavorative e professionali?
Credo che questo sia un momento difficile ovunque: la crisi non è mai realmente passata e molte persone si spostano quindi, se ci si vuole fare strada, la concorrenza è alta! Anni fa bastava andare all’estero e, nel giro di pochi giorni, si trovava lavoro. Secondo me è fondamentale informarsi e partire preparati, avere dei risparmi da parte, non fare viaggi “all’avventura” ma nemmeno restare a casa per timore di partire. Credo che in Europa esistano opportunità nei paesi di lingua inglese (Irlanda e Regno Unito ma anche Gibilterra e Malta); penso che Barcellona o Madrid possano offrire buone occasioni; ma Berlino, Vienna e anche la Francia potrebbero essere interessanti. Ovviamente tutto cambia se si conosce bene la lingua del paese ospitante, se possiamo usare la nostra lingua materna da esperti madrelingua e, magari, se si conosce anche una seconda lingua. Infine, se si lavora nel mondo dell’informatica, credo che le porte possano aprirsi un po’ovunque (fermo restando che si deve conoscere molto bene l’inglese).
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Hai un suggerimento da dare ai tanti italiani che sognano di lavorare, studiare e vivere all’estero?
Sì: oggi ci sono tanti programmi europei che permettono di andare all’estero e fare un’esperienza di tirocinio. Per chi desidera partire ma ha paura, direi che si tratta di un’esperienza da fare e, quindi, consiglio di non farsi prendere dal panico ma di pensare che, qualsiasi sia l’esito, le esperienze ci aiutano a crescere, a capire cosa vogliamo e ci rendono indipendenti!
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Ci sono modalità di viaggio “particolari” che ti senti di consigliare a chi si trova alla sua prima esperienza all’estero?
I programmi europei aiutano molto: a tutt’oggi sono disponibili non solo per chi fa l’università ma anche per chi ha fatto altri percorsi e sicuramente la fascia d’età fino ai 28-30 anni ha a disposizione tanti progetti. A volte basta informarsi presso un ufficio Eures, un’agenzia del lavoro oppure in un centro Informagiovani. Oltre a questo, io ho iniziato qualche anno fa a viaggiare da sola e il viaggio in solitaria è una cosa che consiglio di fare a tutti. La gente pensa che viaggiando soli si stia sempre da soli, invece accade spesso il contrario: si conoscono persone, si trovano compagni di viaggio, si stringono amicizie ma è anche bello sedersi sulla riva di un fiume e guardare un tramonto![su_highlight background=”#d5dbfe”]E poi si impara molto su se stessi e sulla propria indipendenza![/su_highlight]
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Sappiamo che hai anche una grande passione per le danze indiane. A che punto sei con questo progetto?
Quando per la prima volta ho studiato danza in India, il mio maestro mi disse che secondo lui avrei potuto pensare a una carriera in questo ambito. In realtà non ho mai davvero pensato a questa eventualità, anche se l’ho spesso sognato! Con l’infortunio, poi, ho abbandonato quasi definitivamente le danze indiane, anche se seguo performance e ho molte amiche che danzano a livello professionale o lavorano nell’industria del cinema indiano. Ho qualche idea in proposito e mi piacerebbe anche raccontare la mia storia in un libro…
Fb: Nomadi Digitali
Twitter: @nomadidigitali
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