Gli italiani all’estero sono sempre di più e fare un’esperienza di lavoro o di studio abroad è il sogno di molti, soprattutto se il paese di destinazione sono gli States e soprattutto se si parla di California. Antonino ce l’ha fatta: non solo si sta perfezionando presso una università di San Diego, ma lo fa nell’ambito del più antico e vasto programma governativo di scambi culturali nel mondo, il prestigioso Fulbright.
Questa è la sua storia di ricercatore, di italiano all’estero e di giovane uomo che guarda con lungimiranza al futuro.[su_highlight background=”#cae5fa”]Un futuro fatto di ricerca al servizio della comunità accademica ma anche di traguardi personali… con l’Italia sempre nel cuore![/su_highlight] Se anche tu sogni di seguire le orme di Antonio, scopri come muovere i primi passi per trovare occupazione all’estero!
Italiani all’estero: la storia di Antonino e del suo periodo di ricerca in California con il prestigioso programma Fulbright
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Ciao Antonino! Iniziamo con una piccola presentazione; raccontaci qualcosa di te: da dove vieni, quanti anni hai e di cosa ti occupi?
Ciao a tutti! Mi chiamo Antonino e sono siciliano. Vengo da Trapani (geograficamente l’ultima città d’Italia) ma durante i passati 9 anni ho lavorato presso l’Università di Palermo come assegnista di ricerca prima e come ricercatore a tempo determinato poi. Ho 37 anni, sono laureato in Ingegneria Civile ed ho un dottorato in Ingegneria delle Strutture. Al momento faccio ricerca in California: mi occupo di identificare danni più o meno visibili in strutture complesse (come quelle costituite da materiali compositi) attraverso la tecnica delle onde ultrasoniche.{faccia basita del lettore 🙂 }
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Da quanto vivi in California e come ti trovi?
Sono arrivato a San Diego il 30 dicembre 2017 e mi trovo abbastanza bene: il clima è ottimo e la gente accogliente. Come tutte le grandi città non manca nulla e ci vivono persone provenienti da tutte le parti del mondo (San Diego è all’ottavo posto per numero di abitanti negli Stati Uniti): a volte si ha la sensazione che sia una città un po’ troppo grande…
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Qual è stato il motivo principale che ti ha spinto a partire?
Sono in California grazie ad un programma di scambio culturale/scientifico di grande prestigio (il Fulbright, ndr) che mi permette di imparare tante cose nuove a livello professionale ma anche di essere “ambasciatore” della cultura italiana. Gli scopi principali del viaggio sono fare ricerca, consolidare l’inglese, incontrare nuove persone a cui far conoscere la propria cultura e allargare la rete dei contatti internazionali.[su_highlight background=”#cae5fa”]Quando rientrerò in Italia spero di avere la possibilità di utilizzare le conoscenze acquisite[/su_highlight]non solo per migliorare la mia posizione lavorativa ma anche perché voglio dare il mio contributo al progresso scientifico/tecnologico e metterlo a disposizione della comunità accademica.
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Hai avuto bisogno di documenti specifici per studiare negli USA?
Ho avuto innanzitutto bisogno di una lettera di invito ufficiale da parte dell’Università presso la quale avevo intenzione di svolgere il mio lavoro di ricerca. Poi, dopo aver ricevuto il certificato di eleggibilità (DS2019), è stato necessario ottenere un visto, nel mio caso di tipologia J1 (valido per scambi culturali e ricerca).
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Hai l’impressione che, rispetto all’Italia, negli USA ci siano più possibilità lavorative e professionali?
Beh, più che un’impressione è una certezza! Gli Stati Uniti offrono molte più possibilità lavorative, specialmente per chi, come me, ha un dottorato di ricerca: non è riconosciuto soltanto in ambito accademico, ma anche in ambito aziendale e addirittura oltre. Negli Stati Uniti, per lavorare, basta una cosa sola: saper fare. Il resto viene da sé. Ognuno è valorizzato per quanto ha studiato e per quello che sa fare: chi ha il coraggio e la possibilità di formarsi sacrificando tanti anni in favore dello studio, riceve in proporzione. Ma, al di là del dottorato, non mancano le opportunità per impieghi in numerosi altri settori, anche meno qualificati!
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Qual era il tuo livello di inglese quando sei partito? Inizialmente hai avuto difficoltà?
Il mio livello di inglese non era male: avevo orientativamente un B2 che mi ha garantito un approccio piuttosto sereno nei colloqui quotidiani con altre persone. Non ho sofferto molto l’impatto dei primi giorni e sono riuscito a destreggiarmi sempre positivamente. Sono invece rimasto un po’ spiazzato sull’uso diffuso di parole contratte che non riuscivo a capire; anche ascoltare e comprendere discorsi fatti a maggiore velocità rispetto a quella a cui ero abituato, è stata una bella sfida!
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Come hai migliorato il tuo inglese? Hai suggerimenti in proposito?
Quando si è all’estero il proprio livello di conoscenza dell’inglese automaticamente cresce poiché si è obbligati a interagire quotidianamente con i madrelingua: il professore, i colleghi, al supermercato, sull’autobus, dal barbiere, etc. Ma migliorare l’inglese è possibile anche in altri modi: io consiglio di[su_highlight background=”#cae5fa”]leggere libri in inglese, guardare telegiornali stranieri, risolvere cruciverba, imporsi di memorizzare un paio di parole nuove al giorno, ogni tanto fare piccoli esercizi di grammatica.[/su_highlight]A me ha anche aiutato molto guardare brevi video divertenti su YouTube, sempre con sottotitoli in lingua inglese! Se, invece, si vuole prepararsi in Italia, ci sono alcune scuole con metodi di apprendimento eccellenti e innovativi, con docenti (diventati poi amici) madrelingua. Io, per esempio, prima di partire ho frequentato My English School a Palermo.
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Hai progetti per il futuro?
All’estero si vive bene e non manca nulla. Ma lasciare il mio paese è stata più una necessità che un volere vero e proprio e, come tanti altri italiani all’estero,[su_highlight background=”#cae5fa”]spero di poter tornare presto in Italia per restarci. Tra le tante cose che vorrei fare al mio rientro due sono le più importanti: formare una famiglia e vivere vicino a parenti e amici.[/su_highlight]
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Le esperienze di italiani all’estero sono molto importanti: dicci una cosa che ti piace del vivere in California e una cosa che non ti piace.
Tra le tante cose che mi piacciono della California forse la più bella è il clima: qui sembra sempre primavera, se non addirittura estate! Trovare una cosa che non mi piace è difficile ma una c’è, anzi due: il trasporto pubblico poco efficiente e soprattutto… l’attesa infinita ai semafori!
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Hai un suggerimento da dare ai tanti italiani che sognano di lavorare e vivere all’estero?
Se si vuole andare negli States e non si hanno parenti che nel frattempo sono diventati cittadini americani, è fondamentale preparare un buon curriculum che metta in risalto le proprie capacità lavorative, le esperienze, le motivazioni. È molto importante avere già stabilito una destinazione prima di lasciare l’Italia: questo, infatti, è un requisito propedeutico al rilascio di un visto.
Se invece si vuole studiare ci sono molte alternative (per esempio le agenzie o i bandi per borse di studio) ma bisogna prima essere ammessi alle scuole o alle università di destinazione. A tale scopo questi enti hanno sempre una sezione dedicata agli studenti stranieri sui loro siti web.
In entrambi i casi[su_highlight background=”#cae5fa”]si deve partire preparati a trovarsi in un paese con usi e cultura estremamente diversi dai propri e a vivere tra gente proveniente da tutto il mondo![/su_highlight]