Quando si parla di Erasmus è bene chiarire un punto importante, a scanso di equivoci: non è necessariamente sinonimo di party esagerati, alcol a fiumi, giornate passate a letto fino a tardi, ragazzi e ragazze che si scatenano a ritmo di musica ed esami universitari che passano in cavalleria. Forse, per qualcuno è davvero così ma per molti altri questa esperienza è tutt’altra cosa!
[su_highlight background=”#d5dbfe”]Innanzitutto è un’arma potentissima per crescere a livello personale, trovare un lavoro e fare un’esperienza internazionale[/su_highlight]e stai sicuro che le aziende terranno in gran conto tutto questo quando sarà il momento di assumere qualcuno.
[su_highlight background=”#d5dbfe”]Ah e poi si impara una lingua straniera![/su_highlight]
Cos’è l’Erasmus Plus?
Ma passiamo ai fatti: dal 2014 si è iniziato a parlare di Erasmus Plus, un’unica sigla per un progetto che raccoglie tutti i programmi di scambio e mobilità europei e che non è rivolto solo agli studenti ma anche al personale delle scuole, agli insegnanti, agli educatori, ai ricercatori, ai giovani lavoratori e ai volontari. Erasmus Plus ha stanziato una grande quantità di borse di studio (92,3 milioni di euro) ed eroga prestiti fino a 18.000 € a chi desidera accedere a percorsi di studio altamente qualificanti (come i master).
Pochi mesi fa la Commissione Europea ha pubblicato un rapporto (Impact Study regional Analysis) ricco di dettagli e risultati preziosi a proposito dell’Erasmus e lo ha fatto “suddividendo” l’Europa in 4 grandi aree: Nord, Sud, Est, Ovest; l’Italia fa parte del Sud Europa.
Questo rapporto è particolarmente utile a tutti quegli studenti che si accingono a intraprendere un’esperienza del genere e che, spesso, si chiedono:[su_highlight background=”#d5dbfe”]quanto è importante partecipare al progetto Erasmus? Quanto inciderà questa esperienza sulle possibilità di essere assunto da un’azienda?[/su_highlight]
Cittadini d’Europa
Visti i numeri dei partecipanti pare proprio che questo sia uno degli “esperimenti europei” meglio riusciti: pensa che gli iscritti al progetto affermano, addirittura, di aver sviluppato un forte attaccamento all’istituzione europea! Ciò non significa, ovviamente, aver rinnegato la propria identità e neppure aver tagliato i legami con la comunità di appartenenza: semplicemente la “generazione Erasmus” sembra essere più portata ad abbracciare valori comunitari e di integrazione che, mai come in questo momento, sentiamo il bisogno di riscoprire. E gli italiani si dimostrano davvero “bravi” in questo: l’87% dei nostri connazionali ex-Erasmus afferma di aver maturato, durante l’esperienza all’estero, un forte attaccamento all’istituzione europea (la media Eu è dell’80%).
Inoltre chi ha studiato o lavorato all’estero pare sia disponibile a ripetere l’esperienza, a spostarsi nuovamente e a farlo oltre i confini europei: il 93% di chi ha fatto l’Erasmus è disposto a trasferirsi di nuovo all’estero e il 40% lo ha già fatto.
Perché chi fa l’Erasmus trova lavoro più facilmente?
I dati parlano chiaro perciò… cosa stai aspettando?[su_highlight background=”#d5dbfe”]Chi ha fatto l’esperienza dell’Erasmus ha la metà delle possibilità di rimanere disoccupato rispetto a chi non ha lasciato il proprio paese;[/su_highlight]a 5 anni dalla laurea c’è un 23% in più di ex-Erasmus che lavora rispetto a chi non è mai partito.
E poi il 69% riesce non solo a trovare un impiego ma a trovarlo anche in un contesto lavorativo internazionale, quindi più stimolante e creativo. In particolare nel Sud Europa (zona di cui fa parte l’Italia),[su_highlight background=”#d5dbfe”]dai 5 ai 10 anni dopo l’esperienza all’estero, c’è una differenza del 56% fra gli ex-Erasmus che lavorano e i colleghi che non si sono mai spostati.[/su_highlight]
Ma il dato più importante che emerge dall’Impact Study Regional Analysis è che l’esperienza all’estero assicurerebbe[su_highlight background=”#d5dbfe”]buone opportunità di carriera a un terzo dei borsisti; addirittura ai due terzi nelle regioni del Sud Europa: in particolare il 51% dei tirocinanti italiani sarebbe riuscirebbe a trovare un impiego presso l’azienda ospitante (contro una media europea del 30%).[/su_highlight]
Siamo tutti startupper (e manager)
Se i borsisti vengono assunti in percentuale rilevante dalle aziende ospitanti è perché anche i datori di lavoro si accorgono dell’importanza di un’esperienza del genere: il 93% degli imprenditori europei è convinto dell’importanza di esperienze di studio o di lavoro “trasversali”. E avere nel proprio background qualcosa del genere ha anche un impatto positivo a livello personale sui ragazzi: si sviluppa la capacità di prendere decisioni, aumenta la conoscenza e la fiducia in se stessi, la curiosità, l’apertura mentale e le abilità di problem solving. Forse è anche per questo che gli ex-Erasmus dimostrano un grande interesse nei confronti di start-up e giovani aziende innovative: nel Sud Europa il 32% è interessato a fondare una start-up e, fra gli ex-borsisti italiani, il 9% l’ha già fatto!
Ma non si tratta solo di startupper perché la ricerca dimostra che, a distanza di 10 anni dal primo impiego, il numero dei ruoli manageriali ricoperti da chi ha fatto l’Erasmus è superiore rispetto a chi non è partito (con un picco del 70% in Est Europa).
Italians do it better
Abbiamo visto che, per una volta, gli italiani non sono il fanalino di coda di questa classifica… anzi! Dalla ricerca emerge che[su_highlight background=”#d5dbfe”]l’Italia è uno dei paesi che ha maggiormente beneficiato dei finanziamenti europei: siamo secondi solo alla Turchia per numero di candidature! Quasi 27.000 connazionali hanno studiato all’estero col programma Erasmus Plus e sono partiti soprattutto alla volta di Spagna, Francia, Germania, Turchia e Polonia.[/su_highlight]E poi se il 51% dei tirocinanti italiani riesce a trovare un impiego presso l’azienda ospitante contro una media europea del 30%, è davvero il caso di partire! All’estero la creatività, il talento e lo stile italiano sono qualità richieste dal mercato del lavoro.
Gli affetti
Ma le conseguenze di un background come quello appena descritto non sono visibili solo sul piano professionale: l’Erasmus incide profondamente anche sul piano delle relazioni personali. Qualche anno fa Umberto Eco parlò di generazione Erasmus riferendosi a tutti quei bambini e ragazzi bilingue o trilingue, figli di persone che si erano conosciute e innamorate proprio durante un periodo di mobilità internazionale. L’Impact Study Regional Analysis conferma che l’impatto delle esperienze all’estero sulla vita privata è davvero notevole: il 32% di ex-Erasmus ha un partner di altra nazionalità.[su_highlight background=”#d5dbfe”]Nel Sud Europa (Italia compresa) la percentuale sale al 37%[/su_highlight]e questo ci fa sperare in un futuro migliore per il nostro paese: più cosmopolita e libero da pregiudizi e dalla paura del diverso.