Se hai mai visto Into the Wild, il film diretto dal premio Oscar Sean Penn ed ispirato alla vera storia di Chris McCandless, sai di certo che brutta fine abbia fatto il protagonista. Tutto è narrato nell’omonimo libro del giornalista Jon Krakauer che racconta la vicenda di un giovane viaggiatore desideroso di fuggire da una vita e da una società che disprezza; quindi si inoltra in un territorio selvaggio, inospitale e che mette a dura prova la sua sopravvivenza: l’Alaska. Purtroppo l’epilogo della vicenda è piuttosto triste poiché Chris morì di stenti (o avvelenato da una bacca) e il suo corpo fu rinvenuto il 6 settembre 1992, dopo aver trascorso ben 4 mesi nella riserva del Denali National Park. Il cadavere fu ritrovato su un autobus abbandonato, il 142, che aveva offerto al giovane esploratore qualcosa di simile a un riparo. Il luogo, complici soprattutto il film, il libro e il documentario dedicati alla vicenda, è diventato[su_highlight background=”#d5dbfe”]meta di pellegrinaggio da parte di tanti ammiratori e appassionati. Il problema è che questi non sembrano rendersi conto dei rischi che comporta arrivare fino all’autobus: alcuni sono mortali![/su_highlight]
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La storia
Il giovane e benestante Chris, a dispetto di un futuro lavorativo appagante e di una vita fatta di agi, decide, nel 1990, di abbandonare la famiglia, i promettenti studi universitari e la sua vita così com’è e di[su_highlight background=”#d5dbfe”]partire per un viaggio attraverso gli Stati Uniti alla ricerca di solitudine e di emozioni forti nelle terre selvagge dell’Alaska.[/su_highlight]La sua escursione in giro per gli States è lunga quasi 6000 chilometri ma, purtroppo, ha termine nel 1992 quando due cacciatori ritrovano il corpo di Chris all’interno di un vecchio autobus abbandonato (il Magic Bus). Secondo alcuni il ragazzo morì di fame e di stenti; secondo altri fu avvelenato da una neurotossina ingerita con una bacca velenosa che egli scambiò per commestibile.
Il pellegrinaggio
Ma il problema dove sta? Il problema è che[su_highlight background=”#d5dbfe”]ogni anno migliaia di appassionati tentano a loro volta l’impresa e si incamminano sognando prove di sopravvivenza, solitudine e condizioni estreme. E, in effetti, è proprio ciò che trovano![/su_highlight]Nel 2010 una ragazza svizzera di nome Claire Ackermann è annegata mentre cercava di guadare il fiume Teklanika, desiderosa di raggiungere il bus; ma senza tirare in ballo epiloghi drammatici c’è da dire che ogni anno numerosi escursionisti devono essere soccorsi per i motivi più diversi: risultano dispersi, vengono trascinati dalle rapide, rimangono assiderati oppure si trovano a soffrire di fame su qualche sperduto sentiero. Ranger, pompieri e polizia sono sempre più spesso impegnati in questi tipi di intervento e la cosa non va per niente a genio ai contribuenti dello Stato! Ecco perché molte guide esperte fanno annualmente appello alla consapevolezza degli escursionisti; sopravvivere nelle terre selvagge non è uno scherzo: McCandless resisté 112 giorni in quella zona impervia e freddissima (le temperature di notte arrivano a toccare i -40°) ma quando fu ritrovato pesava solo 30 chili! Aveva sofferto la fame.
Perché visitare il bus di “Into the Wild” è pericoloso?
Il motivo che spinge molti a intraprendere questo percorso è il desiderio di crescita personale; è come se raggiungere l’autobus e sopravvivere in condizioni avverse fossero una sfida ai propri limiti. E alcuni non si accontentano di questo:[su_highlight background=”#d5dbfe”]una volta giunti a destinazione costruiscono una baracca o un riparo e vi si trasferiscono vivendo di ciò che la terra dà loro. Difficile, in condizioni estreme come quelle dell’Alaska.[/su_highlight]In più il pericolo vero è l’acqua: se, infatti, si vuole raggiungere ciò che rimane dell’autobus si devono guadare due piccoli corsi d’acqua, il Teklanika e il Savage. Si tratta di due “ruscelli” tuttavia infidi e davvero pericolosi: quando meno ci si aspetta si gonfiano e risucchiano, trascinano in gorghi e rapide tumultuose e, come già detto, possono uccidere.
Il vecchio scuolabus che fornì riparo a Chris si è trovato in questa situazione suo malgrado: questo mezzo, infatti, era usato per trasportare i braccianti di una miniera poi chiusa e fu abbandonato dov’è adesso quando si spezzò un semiasse. Oggi gli abitanti dei luoghi limitrofi chiedono che l’autobus venga spostato con un elicottero e che sia trasportato nel piccolo centro abitato di Healy; in questo modo il luogo di pellegrinaggio sarebbe raggiungibile in maniera molto più comoda e, soprattutto, sicura.