La fotografia scattata dal GEM, il Global Entrepreneurship Monitor 2018/2019, mostra un’Italia che si muove a una velocità piuttosto lenta sul versante dell’innovazione e dell’imprenditorialità. Perché fare impresa, nell’Italia di oggi, fa ancora così paura? Colpa della pressione fiscale o c’è altro?
Certo, ci sono anche aziende virtuose, casi di successo che possono essere d’ispirazione per chiunque desideri mettersi in proprio. Ne parliamo con Luigi Sguerri, Founder & CEO di My English School, network di scuole di inglese nato nel 2011 e oggi in forte e costante crescita.
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Buongiorno Luigi. Cosa significa essere a capo di un’azienda nata peraltro in un periodo politicamente ed economicamente incerto?
Buongiorno. Innanzitutto va premesso che al giorno d’oggi l’incertezza, sia politica che economica, deve essere considerata lo scenario quotidiano con cui fare i conti. Per noi di My English School è, paradossalmente, un plus essere riusciti a fare impresa nel worst case scenario di 10 anni fa: operare in un contesto difficile da un lato può scoraggiarti, ma dall’altro ti aiuta a rendere il doppio.
Certo, i margini di errore erano minimi, ma questo ci ha motivati ancora di più a curare tutti i particolari del nostro business. Questo lavoro iniziale così meticoloso ha dato i suoi frutti sul lungo termine e ci ha permesso di fare grandi cose quando il periodo buio è diventato un po’ meno cupo…
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Per quali motivi, secondo te, sempre meno persone in Italia decidono di intraprendere la carriera da imprenditore? È solo una questione economica?
A mio avviso ci sono moltissimi fattori, anche economici (ma non solo) che incidono su questo tema: in primis metterei l’accesso al credito, che per una start-up è praticamente impossibile. Le banche non concedono soldi se non si portano prima garanzie e molti progetti interessanti non vedono mai la luce per questo motivo. Un altro punto cruciale è sicuramente il “sistema Italia” che ad oggi non premia chi crea lavoro, non incentiva a sviluppare, ad assumere e investire.
[su_highlight background=”#99ffff”]Bisogna snellire le procedure se si vuole davvero competere nel mercato moderno e se si vuole anche dare speranza ai giovani.[/su_highlight]Infine credo che in alcuni casi anche la mentalità non sia quella giusta. Ti faccio un esempio: mi è capitato spesso di sentire discorsi su come ottenere il successo facile e con poca fatica. Niente di più lontano dal modo sano di fare impresa!
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Che consigli ti senti di dare a chi desidera scommettere sull’Italia per avviare una start-up?
Di crederci sul serio e di non mollare. Di avere un progetto curato e non improvvisare. E di non piangersi addosso: le tasse si pagano ovunque, la burocrazia è complessa anche altrove e le difficoltà sono il pane quotidiano di un imprenditore.[su_highlight background=”#99ffff”]Fare impresa in Italia non è più difficile che in altri paesi.[/su_highlight] Anzi, abbiamo molte opportunità: è un paese che offre molto a chi sa pensare fuori dagli schemi e inventare!
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My English School è una realtà 100% italiana, ma che conta anche una sede in Francia e una di prossima apertura in Spagna. Cosa significa fare impresa all’estero e quali differenze hai riscontrato tra il mercato francese/spagnolo e quello italiano?
Fare impresa fuori dall’Italia significa reinventarsi da zero: per esempio la burocrazia francese è molto più complessa di quella italiana e la concorrenza spagnola è niente in confronto a quella del nostro paese. Quindi cambia nazione, cambia il mercato, cambia il modo di approcciarsi e cambiano gli obiettivi, ma è il prezzo da pagare se si vuole crescere.
La cosa che amo dell’investire all’estero è che[su_highlight background=”#99ffff”]mi ha permesso di apprezzare maggiormente l’Italia.[/su_highlight]Viviamo in un paese unico, con un potenziale incredibile ma troppe volte ci sentiamo un po’ l’ultima ruota del carro. Certo, abbiamo molto da imparare, ma abbiamo sicuramente anche molto da offrire!
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Il mercato è in continua evoluzione e stare dietro agli ultimi trend (cercando di anticiparli) diventa sempre più difficile: in quali direzioni si orienterà, secondo te, il settore della formazione nel prossimo futuro?
Il mercato della lingua inglese ha un trend positivo da molti anni ma è anche vero che accanto ad aziende come MyES che crescono a due cifre, ci sono anche realtà che chiudono i battenti. Credo sia indispensabile muoversi su più fronti, soprattutto[su_highlight background=”#99ffff”]è importante ascoltare le persone.[/su_highlight]
Oggi con l’utilizzo massiccio dell’online, chi decide di frequentare una scuola privata deve avere la possibilità di trovare semplicemente il meglio non solo in termini di didattica, ma anche per quanto riguarda i servizi accessori. E soprattutto quello che può fare la differenza è riuscire a creare legami di valore, durevoli nel tempo: la fiducia della controparte non si compra ma si deve meritare con impegno e sacrificio!
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Anche quest’anno My English School si conferma tra le 300 aziende italiane leader della crescita: quali caratteristiche deve avere un’azienda per crescere in maniera sana nel 2020?
Deve avere due cose essenziali:[su_highlight background=”#99ffff”]una strategia e le persone giuste.[/su_highlight]
Sapere dove si è oggi e dove saremo tra 3 anni ci permette di creare i progetti e gestirli con le giuste tempistiche e modalità. E pensare anche a delle alternative.
Ma oggi più che mai, a mio avviso, il vero successo di un’azienda sta nelle persone che la compongono: un bravo CEO non porterà mai la propria azienda al successo se non ha a fianco a sé un grande team che lavora in sintonia per raggiungere gli obiettivi comuni!