Le possibilità di carriera che si aprono a chi conosce le lingue sono tantissime: le più “famose” sono certamente, l’interprete, il traduttore e il mediatore – linguistico e culturale. Come saprà bene chi già si muove dentro questo mondo, non esiste né un solo tipo di interpretazione, né di traduzione, né tanto meno di mediazione: oggi ci soffermeremo proprio sui due tipi principali di mediazione, che sono appunto quella linguistica e quella culturale.
Mediatore linguistico e culturale: il percorso di studi
Come si diventa mediatore linguistico o culturale? Partiamo dal presupposto che il percorso di studi che entrambe le figure dovranno percorrere per diventare mediatori certificati è lo stesso.
La laurea in Mediazione Linguistica e Interculturale rimane infatti imprescindibile per chi voglia intraprendere questa carriera: il corso di laurea è lo stesso che seguiranno anche interpreti e traduttori, infatti la laurea triennale in questa disciplina è quella che accomuna tutte le succitate figure lavorative.
Con il possesso di questo titolo le persone vengono già considerate “mediatori”; starà poi al singolo decidere se specializzarsi in traduzione o interpretazione, oppure fermarsi qui e iniziare a lavorare nella mediazione. Alla fine del percorso di laurea, entrambe le figure avranno la stessa padronanza linguistica, ma non è detto che il mediatore linguistico abbia le stesse conoscenze e competenze a livello culturale della sua controparte.
Che differenza c’è tra un mediatore linguistico e culturale?
Il mediatore linguistico, in effetti, può in teoria, lavorare in qualsiasi ambito nel quale venga richiesto di mediare tra due o più parti che parlano lingue diverse, ma nella pratica questo si traduce in opportunità lavorative molto legate al settore business, dove non è strettamente necessario che si conosca approfonditamente la cultura degli interlocutori stranieri e l’unico obiettivo è quello di concludere una trattativa commerciale; in questo senso, un ottimo Business English può davvero migliorare il profilo professionale del mediatore.
Il mediatore culturale, invece, si trova spesso a lavorare in contesti più delicati, che hanno per esempio a che fare con i servizi per l’immigrazione o, più in generale, servizi per la comunità che abbiano a che fare con le categorie più svantaggiate. In esse spesso rientrano persone immigrate da altri paesi che poco o nulla conoscono di quello che li ospita, e che potrebbero purtroppo trovarsi in situazioni di estrema difficoltà. Soprattutto in alcune culture, il doversi rapportare alle autorità tramite una persona che sappia semplicemente esprimersi nella tua lingua non è abbastanza, in quanto potrebbero mancarle delle basi culturali fondamentali alla buona riuscita della comunicazione.
È qui che entra in gioco il mediatore culturale: avendo questa persona una grande conoscenza sia della cultura dell’interlocutore straniero che di quella del paese ospitante diventa la figura più adatta a colmare il divario e avvicinare le due realtà. Spesso questa persona è un immigrato di seconda generazione o si è trovato a vivere a lungo nel paese straniero in questione.
Nel caso non si rientrasse in una di queste due categorie, è bene sapere che esistono master di primo livello in Mediazione Interculturale, che possono fornire una preparazione di pari valore. Lo scopo di questi master è formare professionisti che abbiano conoscenze di pedagogia interculturale, psicologia, antropologia, gestione e risoluzione dei conflitti, diritto giuridico nazionale e internazionale e delle comunicazioni e dei mass media, ovvero del giornalismo interculturale.
Si dice che ogni comunicazione sia interculturale, perché il mondo viene percepito diversamente da qualsiasi persona su questo pianeta, persino dal nostro amico più stretto. Immaginiamoci dunque quante difficoltà possa presentare quella che avviene tra due persone che hanno sempre vissuto in contesti che codificano la realtà in modi completamente diversi, alle volte addirittura opposti: l’incomprensione e il rischio di fraintendimento sono sempre dietro l’angolo!
Si potrebbe addirittura offendere l’interlocutore senza volerlo, a causa di una mancata conoscenza di ciò che l’altro trovi appropriato o meno. Quando una persona in difficoltà (riprendiamo l’esempio della persona immigrata) sente di non potersi fidare, di essere persino a disagio con l’interlocutore straniero, la comunicazione non porterà mai da nessuna parte e la possibilità di avviare tale persona all’integrazione si farà sempre più lontana. In contesti del genere si rivelano estremamente importanti le figure dei mediatori culturali: adeguatamente preparati sanno bene in che terreno si muovono, e quindi hanno molte più possibilità di stabilire un contatto umano con l’interlocutore straniero e guadagnarsi la sua fiducia.
Erika A. – Teacher